InstaVangelo del 24/2/2024

Mt 5,43-48

Gesù disse ai suoi discepoli:

«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.

Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?

Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

*

I pagani. Ti hanno mai dato del pagano?

I pagani credevano a tante divinità, ma il loro desiderio era somigliare a quelle divinità per sentirsi immortali. In sostanza, non importava delle altre persone, l’unico scopo era raggiungere l’immortalità e avere il beneficio di qualche dio che gli permettesse agi e favori.

A pensarci bene, molti cristiani si rapportano a Dio in questo modo: quante volte diciamo “non mi interessa degli altri, l’importante è che Dio guardi a me e mi benedica proteggendo anche i miei cari” o cose simili.

L’opera di Dio, invece, prevede un cuore molto più grande. Essere cristiani richiede di allargare i propri orizzonti, aprirsi all’umanità intera perché tutta la creazione è dell’unico Dio, “il Padre vostro celeste”.

Ecco perché in questa pericope Gesù dice: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”. Perché dice “affinché siate figli”? Non lo siamo già?

Un genitore riconosce un figlio dai modi e dall’educazione che egli eserciterà, che rispecchieranno ciò che il padre gli ha insegnato. Altrimenti, lo disconoscerà, cioè non lo riconoscerà come suo figlio, ossia come appartenente, cioè che fa parte di lui. Infatti diciamo: “Ma da chi ha preso”?

I nostri modi, le nostre parole, i nostri atteggiamenti riflettono sempre i modelli che nella vita abbiamo avuto o verso cui ci siamo orientati. Se un padre ha insegnato a un figlio a essere onesto e paziente, avrà difficoltà a riconoscere e accettare che il figlio possa avere atteggiamenti opposti a questi. Ci si sentirebbe solo genitori, ovvero coloro che hanno contribuito a dare la vita, ma non padri, di cui una parte di sé è nel figlio.

Oggi il Signore ci invita a somigliargli: a prendere una parte di Lui e renderla visibile con la nostra vita.

  • in cosa senti di somigliare a Dio Padre? In cosa hai ancora bisogno di impegnarti in questa Quaresima?

don Domenico Bruno

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