Mt 9,9-13
Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
*
Gesù in questi giorni sta chiedendo scelte radicali, abbandono di se stessi per lasciare spazio a Dio. Avere fede è questo: fare da parte se stessi, le proprie condizioni, le proprie paure e insicurezze, per lasciare agire qualcun altro al posto nostro.
Matteo viene chiamato da Gesù a lasciare tutto e seguirlo, affinché non vivesse più per il sacrificio delle sue giornate, dei suoi impegni, ma per amore di Cristo.
Il Signore vorrebbe tanto che capissimo questo dato di fede: noi non abbiamo fatto nulla per meritarci di vivere o di avere il suo amore, né possiamo fare nulla per meritarne di più o di meno, perché il Signore ama e ama in grande, perché il suo amore è autentico.
Pensando al sacrificio di Gesù in croce, il suo amore è stato talmente autentico da versare tutto il suo sangue, ossia la sua linfa vitale, per ottenerci la grazia che salva. È strano e difficile pensare che il Signore sia morto per tutti, sia per chi merita e sia per chi non merita. Il problema è che al Signore non importano questi aspetti, perché l’amore è per tutti e per sempre. Almeno quello sincero.
Se crediamo che attraverso le nostre azioni Dio ci amerà di più ci sbagliamo, perché con le nostre opere noi stiamo solo rispondendo all’amore e alla vita che Lui ci ha messo dentro. Il resto è opera delle Spirito e di quanto ciascuno di noi sa abbandonarsi all’azione dello Spirito e quindi di Dio.
- E tu, ami Dio? Perché?
don Domenico Bruno
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